LECTIO DIVINA SUL VANGELO domenicale - 11
25 dicembre 2016 – Natale del Signore Gesù
s. Messa della notte - Ciclo liturgico: anno A
Vi annunzio una grande gioia:
oggi vi è nato un Salvatore: Cristo Signore.
Luca 2,1-14 (Is 9,1-3.5-6 - Salmo: 95 - Tt 2,11-14)
O Dio, che hai illuminato questa santissima notte con lo splendore di Cristo, vera luce del mondo, concedi a noi, che sulla terra lo contempliamo nei suoi misteri, di partecipare alla sua gloria nel cielo.
Spunti per la riflessione
Luce e tenebra
Ancora Natale. Ancora qui, tutti.
Pieni di luce, come dovrebbe essere, come Dio vuole che sia.
Pieni di nulla, come cerca di farci diventare la festa senza festeggiato buona solo a suscitare emozioni e far vendere prodotti.
Pieni di angoscia, come i troppi che vivono Natale come una maledizione da finire quanto prima e che no, non sono raggiunti da nessun angelo che li conduca a vedere quella stalla.
Eppure, in tutto questo, la leggerezza di Dio invade ogni angolo, acquieta ogni paura, converte il cuore di chi si lascia stupire, sorprendere, stordire, commuovere.
Chi mai avrebbe potuto inventare un’assurdità del genere?
Chi mai avrebbe potuto farci credere la più incredibile delle notizie?
Dev’essere vero Natale, perché solo Dio poteva osare tanto. Dev’essere vero, perché è da pazzi immaginare una cosa del genere.
La notizia di un Dio che diventa uomo. Che si fa accessibile, incontrabile, carne e sangue, tenerezza e calore, fragilità e compassione.
Sentimenti, stanchezza, emozioni, fame e sete, caldo e freddo.
Non esiste più un confine che separi umano e divino.
Ora egli è qui.
Perché?
Perché lo ha fatto? Che senso ha? Perché mai Dio avrebbe dovuto abbandonare la sua perfezione per venire a conoscere la nostra miseria?
Per voi è nato un Salvatore.
Sono i pastori, gli ultimi, i perdenti, gli sconfitti del tempo di Gesù ad avere l’onore di essere degni della spiegazione di Dio.
Dio si è fatto uomo perché ci ama. E più siamo fragili e maldestri, più abbiamo conosciuto miseria e disperazione, come i pastori, e più ci ama. Non in virtù dei nostri meriti, ma in proporzione alle nostre necessità.
Dio si è fatto uomo per salvarci, per condurci a salvezza che è la pienezza della vita.
Per portare a compimento quell’anelito insopprimibile che egli ha messo nel profondo del nostro cuore. Una voce intima, assoluta, che nemmeno il caos debordante in cui riusciamo a vivere riesce a zittire.
Per dire ad ogni uomo che il fango è impastato di scintilla divina. Che, da ora e per sempre, umano e divino convivono in uno stesso corpo.
Il corpo di un neonato.
Vagiti
Solo la nudità disarmante di un neonato avrebbe potuto convertire la nostra durezza. Durezza di peccato e di tenebra, ma anche di pianto e di dolore.
E lì, davanti a quel bambino che allatta dal seno acerbo di un’adolescente colma di Dio, che i pastori e i magi e noi pieghiamo le ginocchia.
Allora Dio è così? Fino a questo punto? La sua parabola si è consumata fra una mangiatoia ed una croce? Sì, è così. Ora Dio ha un volto, questo volto.
E ci spiazza, ci destabilizza, ci imbarazza.
Perché Dio osa consegnarsi, diventando il per sempre segno di contraddizione.
Un Dio da accogliere cullandolo fra le braccia.
O da annientare e perseguitare, cancellare e uccidere.
Un Dio che ribalta ciò che pensiamo di lui. E che illumina ciò che siamo noi.
O che potremmo diventare.
Come i pastori
Se davvero, oggi, avremo il coraggio di lasciare alle spalle tutto. Il tutto ingombro delle attese, del clima natalizio, delle ferite purulente, dell’indifferenza, della melassa che tutto soffoca. Se avremo il coraggio di seguire i tanti angeli che Dio continuamente ci invia, allora, forse, arriveremo alla mangiatoia.
Dio si comunica sempre e solo attraverso ciò che riusciamo a conoscere, come la mangiatoia per dei pastori. E, dopo averlo visto, potremo tornare alla nostra vita lodando Dio a gran voce.
La stessa vita che i pastori, due ore prima, maledivano, ora possiede luce sufficiente per essere trasformata.
Questo è l’augurio più bello che oggi possiamo scambiarci.
Che la venuta di Dio allaghi di luce il nostro sguardo perché la vita cambi.
Dev’essere
Dev’essere bello vivere, ed essere umani, e gioire, amare, crescere, lottare, piangere, se Dio ha voluto condividere tutto questo. Dev’essere bello se Dio ha divinizzato ogni gesto e ogni sussulto.
Deve essere straordinario diventare capaci di accorgerci quanto siamo amati.
Buon Natale, cercatori di Dio.
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L’Autore
Paolo Curtaz
Esegesi biblica
LA NASCITA DI GESÙ (2,1-14)
Il testo fa risaltare con chiarezza il procedimento del parallelismo. In effetti esistono due differenze fondamentali tra questa scena e la precedente: riguardo al Figlio di Maria, l'obiettivo è puntato in primo luogo sulla scena della nascita, mentre per Giovanni si dà risalto alla circoncisione e all'imposizione del nome.
I vv. 1-7 narrano il censimento (1), il viaggio dei genitori e la nascita del "figlio primogenito" (2). L' "editto di Cesare Augusto" è un tentativo di Luca di collocare Gesù nella storia universale (lo farà con maggiore ampiezza in 3,1-2) e allo stesso tempo di mostrare che l'azione divina si serve di questo decreto di Cesare. Negli Atti, Dio si servirà ancora delle stesse leggi romane per condurre Paolo a Roma per annunciare il vangelo. Infine, e soprattutto, ciò offre un pretesto per il viaggio: un pretesto, poiché tali censimenti si fanno sempre nella località di residenza, non in quella di origine.
Queste pericopi (1-2) sono decisamente lucane perché differenti nello stile dal tono semitico; Luca ha, in questo, apportato il suo personale contributo nei racconti dell'infanzia pre-esistenti.
Luca in effetti conosce dalla tradizione (cfr. anche Mt. 2,1) che il bambino è nato a Betlemme, la città di Davide; questa località permette di ribadire una volta di più la discendenza davidica di Gesù (v. 4). Luca tuttavia non cita la profezia di Michea 5,1 (cfr. Mt. 2,6), ma è anche vero che le citazioni testuali sono assai rare in Lc 1-2. In realtà la conclusione del viaggio non è Betlemme, bensì una mangiatoia (3) dove il neonato sarà deposto “perché non c’era posto per loro nell’albergo” (4). Ora, quale luogo più significativo per dei pastori di una mangiatoia? Eccoci quindi orientati verso i pastori. A Luca interessa il fatto che i pastori godono di una cattiva reputazione in Palestina, dove sono spesso considerati ladri e disonesti. Coloro che occupano il gradino più basso della scala sociale sono i primi ad essere coinvolti dalla nascita di colui che ha per madre un'umile donna (1,48) ed è "inviato a portare ai poveri il lieto annunzio" (4,18). Il neonato è già colui che sarà accessibile ai peccatori e mangerà alla loro tavola (15,2).
La rivelazione propriamente detta (vv. 9-12) contiene molti elementi che ricordano i racconti dell'annuncio a Zaccaria e a Maria, solo l'obiezione umana non è qui presente. Un "angelo del Signore" sostituisce Gabriele. La nascita di Gesù è una buona notizia (letteralmente "vangelo") apportatrice di "grande gioia". Al neonato vengono dati tre titoli. "Oggi è nato per voi" poveri e gente modesta, "un Salvatore, che è il Messia Signore". Tre titoli, tutti sgorgati dalla confessione della fede pasquale della Chiesa, i due ultimi in ambiente giudaico, il primo in ambiente soprattutto pagano per contrastare il culto imperiale che presentava Cesare come salvatore. Ai pastori viene dunque rivelato l'annuncio della Chiesa che predicheranno Pietro (At 2,36) e Paolo (At 13,35).
Il "segno" - presente qui come nelle due annunciazioni, ma non richiesto dai pastori - è in forte contrasto con questi titoli cristologici. Infatti il "segno" che permetterà a coloro che lo cercano di trovare il "bambino avvolto in fasce", è che giace in una mangiatoia e non in una culla situata in qualche palazzo reale. Il lettore può restare sorpreso dal fatto che il segno non risulta prodigioso. Mentre Israele poteva aspettarsi che la nascita del messia fosse accompagnata da segni straordinari (cfr. la stella che precede i magi in Mt. 2, 2-9), il segno qui fornito è appropriato a colui che sarà l'umile Messia sofferente dei poveri; esso si addice in modo tutto particolare ai pastori.
Si fa allora udire la lode di "una moltitudine dell'esercito celeste" (vv. 13-14) che viene ad aggiungersi all'angelo che ha proclamato il lieto annuncio; il breve inno che essa intona invita pastori e lettori a riconoscere la potenza di Dio che, nella nascita del figlio di Maria, procurerà la pace, cioè sicurezza, concordia e prosperità al popolo che è l'oggetto della benevolenza divina. Non si tratta della "buona volontà" dell'uomo ma del beneplacito di Dio. La frase: "Pace in terra agli uomini di buona volontà" non si riferisce alle buone disposizioni degli uomini ma alla predilezione di Dio. Dio non va pensato come uno che si compiace della bontà dell'uomo ma piuttosto come uno che infonde la bontà nell'uomo attraverso la sua divina elezione e misericordia.
Fino a questo momento i pastori sono stati passivi; cessano di esserlo nella scena seguente: essi vedono tutto ciò che era stato loro annunciato dall'angelo e trasmettono il suo messaggio, udendolo la gente si meraviglia, come si erano meravigliati i parenti di Zaccaria (1,63) e si meraviglieranno il padre e la madre di Gesù (2,33). Il v. 20 è ancora più preciso sui pastori: dopo la loro partenza essi prendono il posto degli angeli "glorificando e lodando Dio" (vv. 13-14).
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1 Per gli Ebrei era un grave peccato il censimento, in quanto ledeva il diritto alla sovranità esclusiva di Dio sul suo popolo (2 Sam 24). La legislazione romana non esigeva il censimento nel paese d’origine. Era, invece, tradizione profondamente radicata nel giudaismo attenersi orgogliosamente alla città di origine della famiglia. Questo particolare permette a Luca di confermare la nascita di Gesù a Betlemme, la città di Davide di cui Giuseppe è discendente, secondo quanto aveva annunciato il profeta Michea (5,1). Il censimento riguardava solamente gli uomini. Non sappiamo perché Giuseppe abbia preso con sé Maria nel viaggio verso Betlemme (che da Nazaret dista quasi 150 km).
2 Il termine “primogenito” non indica che Maria abbia avuto altri figli dopo la nascita di Gesù. Il primo figlio - anche se non ne fossero nati altri in seguito – era sempre chiamato primogenito, per designare i diritti e i doveri che lo riguardavano (vedi Es 13,12: “Riscatterai ogni primogenito dell’uomo tra i tuoi figli”; Es 34,19: “Ogni essere che nasce per primo nel seno materno è mio”).
3 Il termine “mangiatoia” traduce il greco “phàtne”, che può significare anche stalla. La tradizione circa la “grotta” come luogo della nascita di Gesù risale al sec. II ed è riportata negli scritti di Giustino e nell’apocrifo “Protovangelo di Giacomo”. La leggenda (o la tradizione) dell’asino e del bue accanto alla greppia è stata suggerita dal testo di Isaia 1,3 (“Il bue conosce il proprietario e l’asino la greppia del padrone”) e da un’errata interpretazione del testo di Abacuc 3,2 (ma solo nella versione greca, che dice: “Ti manifesterai tra due animali”).
4 Il termine greco “katàljma”, tradotto qui con “albergo”, appare anche in Lc 22,11 dove indica la stanza addobbata al piano superiore della casa, preparata per la cena pasquale di Gesù e degli apostoli. Di per sé il termine indica il luogo dove si scioglievano le cavalcature e si depositavano i bagagli all’arrivo da un viaggio, o le merci. Si trattava quindi di un “deposito di carovane” per dare riposo e rifugio agli animali, con a fianco alcuni locali per le persone. Forse tutto questo era troppo per un villaggio come Betlemme, e allora il termine “katàljma” può significare la “stanza di soggiorno”, dove non c’era posto per Giuseppe e Maria, perché già occupata. Per questo essi devono adattarsi a un locale annesso, forse il ripostiglio/grotta dove venivano riposti gli utensili della campagna e della casa e dove trovavano pure posto gli animali domestici. Ancora oggi nei dintorni di Betlemme si trovano umili case che fanno corpo con una grotta naturale.
È interessante notare la differenza tra un certo agio che fa da sfondo alla nascita di Giovanni Battista e l’umiltà/povertà estreme che fanno da sfondo a quella di Gesù.
celebrazioni
tempo di natale
Sab 24
ore 19,00 recita dei primi Vespri di Natale
ore 23,30 Ufficio delle Letture in preparazione alla S. Messa
ore 24,00 S. Messa della notte di Natale
Dom 25 - NATALE SS. Messe:
8,30 – 10 – 11,30 – 19
Lun 26 - S. Stefano (non è festa di precetto)
SS. Messe: 7,45 – 18
Sab 31
al termine della S. Messa delle 18,00
recita del TE DEUM di ringraziamento.
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Dom 1 - Maria ss.ma Madre di Dio
SS. Messe alle ore: 8,30 – 10 – 11,30 – 19
Ven 6 - EPIFANIA
SS. Messe alle ore: 8,30 – 10 – 11,30 – 19